Iraniani Famosi (128): Ibn-e-Heytham (p.4)
Oggi continuiamo a parlarvi di Ibn-e-Heytham, celebre scienziato persiano del decimo e undicesimo secolo.
Nelle puntate precedenti vi abbiamo parlato di Abū ʿAlī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham, medico, filosofo, matematico, fisico ed astronomo persiano, colui che divenne cosi’ famoso in Europa da assumere il nome di Al Hazen.
Fu uno dei più importanti e geniali scienziati del mondo islamico (ed in genere del principio del secondo millennio). È considerato l'iniziatore dell'ottica moderna. Fu anche chiamato al-Baṣrī (di Bassora), al-Miṣrī (l'egiziano), Avennathan e Avenetan, Ptolemaeus secundus ma, più che altro, fu noto appunto come Alhazen, corruzione del suo nasab "Ibn al-Ḥasan".
Nella puntata precedente abbiamo ricordato che fu soprattutto nell'ottica che le sue ricerche produssero risultati d'eccezione. Studiando l'ottica euclidea, enunciò teorie sulla prospettiva, della quale focalizzò il suo interesse sui tre punti fondamentali (il punto di vista, la parte visibile dell'oggetto e l'illuminazione), riformulando i modelli geometrici che ne descrivevano le relazioni. Ne parliamo di più tra qualche istante, restate con noi!
***
Non disponendo di migliori elementi, e non potendo accettare che l'immagine si capovolgesse (giacché l'uomo la vede "correttamente" - oggi si sa però che non è così), ma comunque ben saldo nella consapevolezza del valore della sua teoria, si risolse a cercare il "sensorio", cioè il nervo che trasmette le informazioni al cervello, in un punto della traiettoria delle scorzettine che fosse raggiunto precedentemente al punto di "capovolgimento" (il centro del globo oculare).
E davanti al centro del globo vi erano l'ininfluente liquido, il foro della pupilla ed il solo elemento trasparente ma solido, il cristallino. Fu in questo perciò che Alhazen dedusse doversi trovare il sensorio e quindi doversi raccogliere l'immagine corretta.
***
La considerazione delle caratteristiche dell'illuminazione, ormai senza più dubbio attribuita all'effetto della luce solare, unita alla considerazione delle sensazioni dolorose arrecate dall'osservazione diretta del massimo Astro, condusse Alhazen ad ipotizzare che dal Sole promanasse qualcosa (forse non propriamente scorzettine nel senso che aveva già individuato) capace di provocare l'emissione di scorzettine "ordinarie" da parte degli oggetti colpiti dalla luce solare.
Intuì dunque una sorta di forza, di energia emessa dal Sole (ma non pervenne ad una sua precisa definizione), tanto forte da suscitare la produzione di informazioni visive provenienti dagli oggetti e troppo forte per l'occhio, che di tali scorzettine doveva riceverne, non produrne.
Questa sorta di radiazione gli consentì di ipotizzare che il colore fosse effetto d'una radiazione secondaria, emessa dagli oggetti colorati che fossero stati sollecitati da un agente primario, come la luce del Sole; si spinse ad ipotizzare, per primo, che la luce solare illuminasse la Luna e che questa la riflettesse sulla Terra.
Sintetizzando, ibn al-Haytham introdusse l'ipotesi che (come poi sarebbe stato sviluppato dalla teoria corpuscolare) la visione dipendesse da un agente esterno (il lumen, concetto innovativo rispetto alla lux) e che le informazioni fornite dai lumen fossero in realtà un flusso di particelle materiali emesse dagli oggetti.