Iraniani Famosi (129): Ibn-e-Heytham (p.5)
Oggi continuiamo a parlarvi di Ibn-e-Heytham, celebre scienziato persiano del decimo e undicesimo secolo.
Nelle puntate precedenti vi abbiamo parlato di Abū ʿAlī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham, medico, filosofo, matematico, fisico ed astronomo persiano, colui che divenne cosi’ famoso in Europa da assumere il nome di Al Hazen.
Fu uno dei più importanti e geniali scienziati del mondo islamico (ed in genere del principio del secondo millennio). È considerato l'iniziatore dell'ottica moderna. Fu anche chiamato al-Baṣrī (di Bassora), al-Miṣrī (l'egiziano), Avennathan e Avenetan, Ptolemaeus secundus ma, più che altro, fu noto appunto come Alhazen, corruzione del suo nasab "Ibn al-Ḥasan".
Nelle puntate precedenti abbiamo ricordato che fu soprattutto nell'ottica che le sue ricerche produssero risultati d'eccezione. Oggi ripassiamo i suoi studi sulla camera oscura.
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Lo studio sul capovolgimento dell'immagine all'interno del globo oculare, dovuto al passaggio per lo stretto foro della pupilla, diede lo spunto ad Alhazen per sviluppare il primo studio in assoluto sulla camera oscura. Lo scienziato descrisse con grande anticipazione ed esattezza il meccanismo di capovolgimento dell'immagine che attraversando un foro si fermava sul fondo della camera.
Anche delle illusioni ottiche ibn al-Haytham si occupò a fondo, citandole innumerevoli volte nelle sue opere ed usandole per analizzare l'eventuale influenza della psiche umana nella formazione dell'errore. La considerazione prevalente del tempo voleva che l'occhio fosse tendenzialmente fallace, in quanto il risultato della visione veniva espresso attraverso il filtro non oggettivo dell'individualità di ciascun osservatore, in mancanza di riscontri tecnicamente "freddi". Ma la propensione di ibn al-Haytham fu a favore del carattere estremamente soggettivo della visione.
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Ma come si diffusero le teorie scientifiche di Ibn-e-Heytham in Europa?
Ci volle molto tempo perché l'Europa potesse conoscere gli studi di Ibn al-Haytham. Ostavano ad una loro rapida diffusione la distanza culturale e linguistica del mondo occidentale da quello arabo, e non erano di giovamento le distanze politiche e religiose: infatti mentre l'islam incoraggiava la scienza e la sua diffusione, la chiesa la ostacolava. Un compendio dei suoi studi fu tradotto nel 1270 dal monaco polacco Vitellione, che sotto il titolo complessivo di "De Aspectibus" raccolse insieme altre opere come l'"Epistola sulla luce" e il "Libro dell'ottica", che fu conosciuto in Occidente col titolo di Prospettiva di Alhazen.
Le teorie dello scienziato persiano, posero certamente in discussione le tradizioni consolidate nella teoria delle scorze, ma - forse anche per le molte implicazioni di natura culturale generale - non le scardinarono: si giunse invece ad ipotizzare una sorta di teoria di mediazione fra le vecchie e le nuove ipotesi, detta "teoria delle specie". In questa le scorze divenivano "specie", che lasciavano l'oggetto per effetto di un agente esterno, raggiungendo l'occhio grazie ad alcuni raggi visuali che l'occhio avrebbe emesso per catturarle.