Apr 03, 2019 07:16 CET
  • Donne in occidente(24), donna oggetto “usa e getta”

La donna è infatti  diventata solo una merce che si può comprare, consumare per poi liberarsene come un qualsiasi oggetto “usa e getta”.

 

Spot televisivi, riviste, cartelloni pubblicitari e online advertising: il corpo femminile, bello, disponibile e servile, è da sempre sfruttato per pubblicizzare ogni sorta di prodotti.

E donne sono ridotte a oggetto di desiderio sessuale per gli uomini, donne che si guardano persino attraverso gli occhi degli uomini. 

Secondo la teoria del capitalismo se si consuma di più, si produce anche di più. Se I prodotti non vengono consumati, lo sviluppo economico non sarà realizzabile.

E così la donna per la sua attrazione estetica e sessuale si usa per spingere il consumatore a comprare e consumare sempre di più.

La Signora Akhoundan, la nostra esperta della famiglia parlando di queste pubblicità sessiste spiega:”l’attrazione sessuale viene considerata un fattore fondamentale che caratterizza la presenza delle donne nelle pubblicità commerciali. Ormai l’uso del corpo  femminile per spingere I consumatori maschili ad acquistare un prodotto è uno dei metodi molto diffusi utilizzati dalle compagnie occidentali. Quindi queste donne spendono sempre più tempo e soldi per curare la loro bellezza esteriore invece di occuparsi di migliorare il proprio modo di essere, di pensare e di fare. E indubbiamenti per esse fare una famiglia non avrebbe più senso. Infatti l’uso strumentalizzato delle donne potrebbe avere a breve e lungo periodo danni sociali e così sarebbe a rischio una generazione”.

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Abbiamo già detto che l’oggettivazione nel Sistema capitalista riguarda soprattutto le donne, il cui corpo è solitamente presentato dalle agenzie pubblicitarie come strumento atto a soddisfare il piacere altrui e soggetto a sessualizzazione, ovvero valutato solo in base alla sua capacità di provocare eccitazione sessuale.

Se è vero che le figure femminili nelle pubblicità di prodotti di cui sono consumatrici hanno un ruolo di valorizzazione, quando sono presenti in pubblicità che reclamizzano prodotti rivolti ad un pubblico maschile hanno una svalutante funzione decorativa. 

Ma l’intero fenomeno passa il più delle volte inosservato per una tradizione consolidata che fa quasi accettare la raffigurazione banalmente stereotipata della donna nelle campagne pubblicitarie.

Questo modo di presentare la donna prevalentemente come strumento di seduzione distorce la figura femminile, svalutandola e alimentando un modo di pensare che relega la donna al ruolo di seduttrice, oggetto del desiderio, soprattutto nella fascia serale o, in alternativa, di amorevole casalinga nella programmazione del mattino.

Raramente poi la pubblicità mostra la donna nel ruolo autorevole di professionista competente, garante della qualità di un prodotto; più spesso essa viene rappresentata come consumatrice o testimonial di bellezza.

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Nella società occidentale in ogni angolo di strada ci sono affissioni, cartelloni e vetrine che riproducono corpi di donne nude o seminude per attirare potenziali acquirenti stimolandone gli istinti sessuali.

Gioielli, vestiti, scarpe, cibo, prodotti farmaceutici, ma anche auto, gioco d’azzardo e dispositvi tecnologici: nessun prodotto scampa all’espediente di rendere appetibile un brand attraverso la mercificazione del corpo femminile.

Le indagini lo confermano: secondo una ricerca effettuata da Art Directors Club Italiano, l’oggettivazione del corpo femminile nelle pubblicità è 22 volte superiore a quella del corpo maschile. Gli autori di questa indagine si sono focalizzati sui corpi “sessualmente disponibili”.

Le principali vittime della sessualizzazione del corpo femminile nelle campagne pubblicitarie e della sua rappresentazione riduttiva e parziale sono le adolescenti. Le ragazze ricevono molto presto il messaggio che devono essere sexy, senza difetti e incredibilmente magre. I canoni di bellezza femminile nel mondo di occidentale sono oggi più tirannici che mai e rischiano di influenzare negativamente chi soffre di disturbi alimentari e di dismorfo-fobia.