Dic 09, 2019 14:11 CET
  • Iraniani Famosi (221): Abu Bakr Sarakhsì

Cari amici, in questa puntata vi parliamo di Abu Bakr Sarakhsì, famoso giurista e teologo persiano del 12esimo secolo.

Muḥammad ibn Aḥmad ibn Abī Saḥl Abū Bakr "Shams al-aʾimma" al-Sarakhsī, o più semplicemente conosciuto come Abu Bakr Al Sarakhsì, spentosi nel 1106, è stato un giurista persiano. Era originario del Khorasan, regione situata nella parte orientale dell'Iran. Il nome Khorasan in persiano significa "dove origina il sole." Il nome fu dato alla regione più orientale dell'impero persiano durante la dinastia sasanide. Al Sarakhsì trascorse la sua vita prevalentemente in Transoxiana, altra culla della civiltà persiana, attualmente coincidente per gran parte con l'Uzbekistan e le regioni sud-occidentali del Kazakistan. Dotato di prodigiosa memoria, al-Sarakhsī scrisse numerosi libri di giurisprudenza islamica o Fiqh. Il fiqh è la giurisprudenza islamica che nasce dal prosieguo del lavoro di istituzione della shari'a. Nel corso della storia, l'Islam ha riconosciuto l'esigenza di leggi conformi agli insegnamenti del Corano e del profeta; fu dunque necessario raccogliere detti e fatti autentici attribuiti al profeta, per redigere leggi secondo l'attendibilità degli ḥadīth.
Lo storico Ibn Khaldun definisce il fiqh come la «conoscenza dei comandamenti di Dio [inerenti a] le azioni, qualificate come wājib (‘obbligatorie’), ḥarām (‘vietate’), mandūb (‘raccomandate’), makrūḥ (‘disapprovate’) o mubāḥ (‘indifferenti’)»

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Al Sarakhsì diede quindi il maggiore contributo nel Fiqh secondo la scuola giuridica hanafita. Le sue opere più importanti furono il:
Kitāb al-Mabsūṭ ("Il libro spiegato"): un commentario di un mukhtaṣar (compendio) di al-Shaybānī, che occupa ben 30 tomi e che espone i tratti fondamentali del diritto bellico islamico; gli Uṣūl al-Fiqh, articolati in due volumi, che si basano sull'opera giuridica di Abū l-Ḥasan al-Kharkhī (m. 951), di Aḥmad b. Muḥammad al-Shāshī (m. 955) e di Aḥmad b. ʿAlī Jaṣṣāṣ (m. 980): lo Sharḥ al-Siyar al-kabīr, un commento all'opera di al-Shaybānī dedicata alle vite e ai comportamenti dei musulmani di spicco.

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Fu imprigionato nel 1074 per aver criticato il Khan Karākhānide di Uzjand, Shams al-Mulk, mettendo in discussione con un parere giuridico (naṣīḥā) la validità del suo matrimonio contratto con una schiava di palazzo. In carcere scrisse il suo al-Kitāb al-Mabsūṭ e lo Sharḥ al-Siyar al-Kabīr. Dopo 15 anni di carcere, fu rimesso in libertà, per morire poco dopo il completamento del suo Sharḥ al-Siyar al-Kabīr. Al-Sarakhsī è stato definito l'«Hugo Grotius dei musulmani». Dopo la morte del suo Maestro ʿAbd al-ʿAḥmad al-Ḥulwānī tra il 1056 e il 1058, fu chiamato con il suo stesso laqab di «Shams al-aʾimma» ("Sole degli imam"). Fu ardente difensore della dottrina hanafita dell'istiḥsān (il "sembrare cosa buona"), da lui descritta come "abbandono del ragionamento sistematico fondato sui testi sciaraitici in favore del ragionamento basato sulle necessità effettive e concrete della popolazione". La scuola hanafita, è una delle quattro principali della confessione islamica sunnita, costituita verso la fine dell'VIII secolo d.C.