Dic 20, 2022 08:13 CET

Salve amici! Vi i presenteremo un altro appuntamento con " i falsi paladini dei diritti umani". Speriamo che sia di vostro gradimento!

Per il Papa quello nel Bahrain è stato un viaggio difficile non solo per il forte dolore al ginocchio che lo ha costretto alla carrozzina ma anche per le critiche che ha subito dalle ONG per i diritti umani prima e durante la sua permanenza a Manama. Le organizzazioni come la Americans for Democracy and Human Rights avevano chiesto a Francesco di ripensarci e di annullare la visita per protestare contro la dilagante discriminazione contro gli sciiti - circa il 70% della popolazione -, nel regno del Golfo Persico o almeno di richiamare l'attenzione su queste violazioni. Una situazione denunciata anche nel Rapporto del 2021 delle Nazioni Unite sulla libertà religiosa internazionale che ha messo in evidenza come nel Bahrain si assiste ad una sistematica discriminazione a sfondo religioso contro alcuni musulmani sciiti.

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Dagli scontri della piazza La Perla del 2011, in Bahrain la polizia ha continuato a reprimere con violenza ogni forma di sommossa popolare mirata a contestare la corruzione pervasiva e il fallimento di qualsiasi riforma messa in atto dalla famiglia regnante Al Khalifa. La violenza non è l’unico strumento utilizzato, però, dalla polizia, che sembra prediligere la revoca arbitraria della cittadinanza come metodo per reprimere il dissenso.  Da novembre 2012, 990 cittadini del Bahrain si sono visti revocare la cittadinanza. La maggior parte di loro risultava essere attivista politico sciita. Accusati di terrorismo o di reati correlati al terrorismo, alcuni sono stati arrestati e deportati verso paesi dove avevano una cittadinanza alternativa. Altri, sono stati semplicemente resi apolidi.  A queste persone, il regime nega una serie di diritti: non possono lavorare o percepire una pensione in Bahrain. Non possono essere titolari di un conto bancario, non hanno diritto all’indennità di alloggio e non possiedono più un documento di identità ufficiale. In molti casi, il denaro o le proprietà che possedevano in Bahrain sono stati espropriati dallo Stato. Questo mentre la comunità internazionale vieta, questo genere di pratiche.

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Dal 2011, l’inizio della rivolta nel Bahrain, i manifestanti continuano a chiedere sempre in maniera pacifica una maggiore partecipazione politica e la fine di quella marginalizzazione che si concretizzava, e si concretizza ancor oggi, in politiche discriminatorie nei loro confronti. Abusi e violazioni dei diritti umani sono pratica comune nelle carceri del regno, stretto alleato dei paesi occidenti, in primis gli Stati Uniti. Il Bahrein, per quanto minuscolo e poco noto, è una pedina fondamentale nello scacchiere mediorientale e di fronte a questo le richieste dei bahreiniti, non soltanto sciiti, vengono facilmente ignorate. L’Arabia Saudita lo considera suo bacino di influenza e nel 2011 inviò le sue truppe, sotto la bandiera del Consiglio di Cooperazione del Golfo Persico, per soffocare nel sangue la sollevazione.