Ago 15, 2018 14:50 CET
  • Iraniani Famosi (75): Razi o Razhes (p.3)

Oggi andiamo avanti col discorso su un grandissimo medico, filosofo e chimico persiano, il celebre Razi o Razhes.

Abu Bakr Muhammad ibn Zakariya al-Razi, noto anche col nome di al-Razi, o ar-Razi, o Ibn Zakariyya e in latino col nome di Rhazes o Rasis (Rey, 865 – 930), fu uno scienziato pluridisciplinare persiano che ha fornito grandi contributi in ambito medico, chimico e filosofico.
Nella puntata precedente abbiamo detto che egli nacque verso l'865 nella città di Ray (arabo Rayy). Al-Razi, infatti, significa « della città di Ray »), un'antica città nei pressi di Teheran,Iran. Qui egli effettuò gran parte delle sue ricerche e dei suoi lavori. Da notare che Avicenna abitò per un periodo di tempo in questa città. Rhazes fu incaricato di dirigere l'ospedale di Ray, ma ben presto si trasferì a Baghdad, dove gli fu assegnata la direzione dell'ospedale Muqtadari. In questo periodo studiò numerosi casi clinici. Si interessò anche di musica, settore nel quale fu riconosciuto come artista eccezionale.
È tuttora considerato uno dei più grandi alchimisti di ogni tempo, e i suoi lavori e scritti sono rimasti in uso per più di dieci secoli.
Scoprì l'impiego dell'alcool in medicina e fu il primo a preparare l’acido solforico.
Rhazes scrisse 184 libri e articoli su diversi argomenti scientifici.

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Oggi diamo uno sguardo più approfondito alle principali opere di Razi. La prima da citare e’ Al-Hawi (per intero: Kitāb al-hāwī fī tibb, cioè "Il libro che raccoglie le notizie sulla medicina").
Questa monumentale enciclopedia in nove volumi (edizione Hayderabad 1955-1971) (conosciuta in Europa anche con il titolo di Continens Liber), è formata da estratti da medici greci, persiani, indiani, in traduzione araba, e contiene anche le considerazioni e la critica di medici greci, specie Galeno, e anch di filosofi greci Aristotele e Platone e comprende opinioni innovative su molti argomenti.
Al-Hāwī non è un'enciclopedia medica convenzionale ma una raccolta postuma dei quaderni di appunti di Rhazes, comprendenti tanto le conoscenze desunte da altri libri quanto osservazioni originali su malattie e le relative terapie, basate sulla sua esperienza clinica. Molto importante è la notissima monografia sul vaiolo, la prima che descrive questa malattia. È stato tradotto in latino nel 1279 da Faraj ben Sālim (Ferraguth), un medico ebreo che effettuò tale lavoro in Sicilia con altri collaboratori per Carlo I d'Angiò, e in seguito ebbe un'influenza considerevole in Europa. Il Nonus liber Almansoris è stato commentato anche da Giovanni Matteo Ferrari da Grado.

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L’altra storica opera fu Man la yahduruhu Tabib (in arabo:من لا يحضر طبيب lett. "Colui che non ha a disposizione un medico", ossia "Consigli medici per il grande pubblico").
Rhazes fu probabilmente il primo medico persiano a scrivere un manuale medico contenente rimedi diretti a un grande pubblico. Lo dedicò ai poveri, ai viaggiatori e ai normali cittadini affinché lo potessero consultare per il trattamento dei disturbi più comuni quando un medico non fosse disponibile. Questo libro è di notevole interesse per la storia della farmacia poiché libri simili erano molto popolari fino al XX secolo. Rhazes descrisse nei 36 capitoli i componenti degli alimenti e dei farmaci che potevano essere reperiti presso un farmacista, un mercato, in cucine ben attrezzate, o negli accampamenti militari. Quindi, ogni persona intelligente avrebbe potuto seguire le relative istruzioni e preparare le ricette adeguate con buoni risultati.
Le malattie trattate nel libro sono: emicrania, raffreddore, tosse, depressione e malattie dell'occhio, dell'orecchio e dello stomaco. Per esempio, prescrisse per un'emicrania febbrile: "2 parti di duhn (estratto oleoso) di rosa, mescolato con 1 parte di aceto, imbevuto in un panno e premuto sulla fronte". Suggerì come lassativo, "una bevanda preparata con 7 dramme (unità di peso pari a circa 1,7 g) di fiori di viola secchi, macerati e ben mischiati con 20 pere, filtrate e con l'aggiunta di 20 dramme di zucchero". Nei casi di depressione Rhazes suggerì diverse prescrizioni, tutte che includevano papaveri o il relativo estratto (oppio) oppure steli di Cuscuta (Cuscuta epithymum) o entrambi. Come rimedi per la cura degli occhi, raccomandò compresse di mirra, zafferano e franchincenso, ognuna di 2 dramme, mescolate con 1 dramma di arsenico giallo. Ogni compressa doveva essere sciolta in una quantità sufficiente di acqua di coriandolo e la soluzione ottenuta doveva essere usata come collirio per l'occhio.

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Famosissimo anche il suo Shukūk 'alā Jālīnūs (in arabo:شكوك على جالينوس "Dubbi su Galeno").
In questo libro Rhazes conferma il proprio pensiero e l'autonomia nei confronti del mondo greco, contestando addirittura Socrate e Aristotele sul concetto di dicotomia fra mente e corpo, asserendo che il benessere generale del paziente trae origine da un benessere mentale. In altre parole: "mente sana in corpo sano". Critica la presunta superiorità della lingua greca, la cosmologia e il tipo di visite mediche proposte dai pensatori greci.
Collegò la medicina con la filosofia e dichiarò che una corretta pratica medica richiedeva un pensiero indipendente. Segnalò che le descrizioni di Galeno non erano in accordo con le sue personali osservazioni cliniche per quanto riguardava la patologia febbrile. E in alcuni casi asserì che la sua propria esperienza clinica superava quella di Galeno. Criticò aspramente la teoria di Galeno riguardo al fatto che il corpo umano fosse composto da quattro sostanze distinte (umori), in equilibrio fra loro, e che la malattia fosse l'esito di uno squilibrio fra essi.
Questo pensiero lo portò a criticare anche la collegata teoria di Aristotele dei quattroelementi (fuoco, aria, terra e acqua). Gli esperimenti alchemici di Rhazes infatti gli suggerirono altre qualità della materia, quali la salinità e l'infiammabilità (o carattere untuoso e carattere solforoso) che non trovano spiegazione nella teoria tradizionale dei quattro elementi.
Questo insieme di critiche attirò su Rhazes accuse di ignoranza e arroganza, anche se egli espresse ripetutamente elogi e ringraziamenti nei confronti di Galeno.
Nel libro Rhazes elencò quattro ragioni per le quali i grandi uomini cadono in errore:

1.    negligenza, come conseguenza di troppa sicurezza di sé.
2.    indifferenza, che conduce spesso a commettere errori.
3.    tentazione di continuare a credere nel proprio pensiero con l'impetuoso convincimento di essere nel giusto.
4.    sclerotizzazione nelle conoscenze antiche e rifiuto di accettare il fatto che nuovi dati e idee indicano come la conoscenza di oggi possa sorpassare quella delle generazioni precedenti.

Rhazes era infatti convinto che gli scienziati suoi contemporanei avessero migliori strumenti e maggiori capacità rispetto a quelli antichi: fatto dovuto al continuo accumularsi di nuove conoscenze a loro disposizione. Per questo motivo era in aperto contrasto con chi accettava in maniera cieca la parola degli antichi saggi, e incoraggiò lo sviluppo e la ricerca nei settori delle arti, della tecnologia e delle scienze.