Iraniani Famosi (82): Rashīd al-Dīn Hamadānī
Oggi andiamo a conoscere un grande storico, medico e statista persiano, ossia Rashīd al-Dīn Hamadānī.
Rashīd al-Dīn Hamadānī nacque in una famiglia ebraica persiana a Hamadan (oggi Provincia di Hamadan). Suo nonno era stato cortigiano del fondatore dell'Ilkhanato Hulagu Khan, mentre il padre era stato un farmacista nella stessa corte. Studiò da medico, tanto da essere ricordato anche come Rashīd al-Dīn Ṭabīb, entrando poi al servizio della corte ilkhanide in tale veste all'epoca di Abaqa. Si convertì all'Islam a circa 30 anni.
Divenne Gran Visir ilkhanide nella corte di Soltaniyeh, presso Qazvin, mantenendo la funzione di medico con i sovrani mongoli Ghazan e Oljeitu, prima di cadere in disgrazia per gli intrighi della corte all'epoca di Abū Saʿīd, i cui ministri lo fecero passare per le armi all'età di settanta anni. Suo figlio Ghiyāth al-Dīn servì come visir per breve tempo dopo di lui.
A lui l'Īlkhān, così veniva soprannominato al tempo il re mongolo, commissionò un'opera storica destinata a tramandarne la memoria ai posteri: il Jāmiʿ al-tawārīkh (L'insieme delle storie), considerato il più importante lavoro di un singolo autore della storia del periodo Ilkhanide e dell'Impero mongolo.
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Il Jāmiʿ al-tawārīkh ("L'insieme delle storie") gli fu commissionato da Ghazan Khan, e doveva dapprima essere una storia dei Mongoli e delle loro dinastie, ma gradualmente si ampliò fino a includere l'intera storia dal tempo di Adamo fino all'età di Rashīd al-Dīn.
Rashīd al-Dīn fu assistito da Bolad, un nobile mongolo che era l'emissario del Gran Khan presso la corte ilkhanide. Bolad lo aiutò fornendogli informazioni sul passato dei Mongoli, in special modo sul clan Borjigin.
Il Jāmiʿ al-tawārīkh fu completato tra il 1307 e il 1316, durante il regno di Muhammad Khodabandeh (Oljeitu).
Il lavoro fu eseguito nel raffinato scriptorium del Rabʿ-e Rashīdī a Qazvin, dove un nutrito team di calligrafi e di illustratori fu impiegato per produrre libri riccamente illustrati. Questi libri potevano anche essere copiati, mentre si provvedeva con cura a conservarli, usando un processo di stampa importato dalla Cina. L'opera, al momento del suo completamento, verso il 1307, era di dimensioni monumentali. Numerose sezioni non sono sopravvissute o non sono state ancora scoperte. Parti del Jāmiʿ al-tawārīkh sopravvivono in alcuni eccellenti manoscritti miniati che si crede siano stati realizzati durante la vita stessa dell'autore e forse sotto la sua diretta supervisione nel Rabʿ-e Rashīdī.
I volumi II e III del Jāmiʿ al-tawārīkh sono giunti fino a noi e rivestono una grande importanza per lo studio dell'Il-Khanato. Il volume II è un resoconto dei successori di Gengis Khan mentre il volume III descrive la dinastia ilkhanide. Nella sua descrizione del regno di Möngke (1251–1259), Juvayni costituì la principale fonte d'informazioni per Rashīd al-Dīn; tuttavia quest'ultimo utilizzò anche numerose fonti estremo-orientali e altre ora perdute. Il Jāmiʿ al-tawārīkh è forse la fonte persiana singola più completa della storia del periodo mongolo in Iran.
Per il periodo di Gengis Khan, le sue fonti d'informazione comprendono il perduto Altan Debter (Libro d'Oro), e gli studiosi, nel compararlo col materiale cinese giuntoci, trovano che egli abbia fatto un ottimo uso di esse. La sua trattazione del periodo ilkhanide sembra essere di parte, essendo stato Rashīd al-Dīn un suo alto funzionario, anche se il suo lavoro rimane pur sempre la fonte scritta più preziosa per quella dinastia.