Iraniani Famosi (163): I Bukhtishu
Cari amici oggi vi vogliamo parlare di una intera stirpe di famosi medici persiani, i Bukhtishu.
Oggi vi vogliamo parlare della famiglia dei Bukhtishu, di Gondishapur, del sud dell’Iran, una famiglia di medici persiani, di religione cristiana nestoriana, attiva per 6 generazioni lungo l'arco di tempo di un quarto di millennio, tra il VII, l'VIII e il IX secolo. Alcuni componenti di questa famiglia operarono come medici personali dei vari califfi abbasidi. a partire da Jirjīs, figlio di Bukht-Yishuʿ, ricevette un emolumento dell'ordine di 10.000 dinar dal califfo abbaside al-Mansur (754-775) dopo averlo guarito da una sua malattia nel 765. S'è sostenuto da parte sciita che uno dei membri di questa famiglia fosse stato accolto in veste di medico da ʿAlī b. al-Husayn Zayn al-ʿĀbidīn (il 4º Imam sciita) per guarire dalla malattia che lo aveva colpito nel corso del periodo immediatamente precedente il dramma di Karbalāʾ. Tutti i medici delle corti abbasidi provenivano dall'Accademia di Gundishapur, in Persia, (nel SO dell'attuale Iran). Erano edotti di medicina greca e indiana e conoscevano bene le considerazioni mediche di Platone, Aristotele, Pitagora e Galeno, da essi tradotti mentre agivano a Gundishapur. La famiglia era originaria di Ahvaz, presso Jundishapur, anche se si trasferì a Baghdad e più tardi a Nisibin, nel settentrione siriano, che aveva fatto parte dell'Impero sasanide. Yaḥyā al-Barmakī, il vizir persiano mentore di Hārūn al-Rashīd, assicurò il suo patronato all'Accademia e all'ospedale di Jundishapur, promuovendo anche gli studi astronomici, medici e filosofici, non solo in Persia ma anche in genere in tutti il califfato abbaside.
***
Secondo il Kitāb ʿuyūn al-anbāʾ fī ṭabaqāt al-aṭibbāʾ (in arabo: كتاب عيون الأنباء في طبقات الأطباء) dello storico arabo del XII secolo Ibn Uṣaybiʿa (in arabo: ابن أبي أصيبعة), il nome Bakhtīshūʿ significava in siriaco "servo di Gesù". Il vocabolo "Bukht" potrebbe però essere medio-persiano (il persiano d'età sasanide) mentre "Ishu" è in effetti siriaco e sta per Jesis: parola che significa "salvato grazie a Gesù". Non sono sopravvissute testimonianze circa i primi due membri della famiglia. Per quelli che conosciamo, il primo anello della catena familiare prende l'avvio con Jirjīs (Giorgio). Jurjīs, padre di Bakhtīshūʿ II e nonno di Jibrāʾīl ibn Bakhtīshūʿ, fu un autore di opere scientifiche e diresse l'ospedale di Jundishapur, che preparava medici per le corti d'Iraq, Siria e Persia. Fu chiamato a Baghdad nel 765 per curare una malattia di stomaco del califfo al-Manṣūr. Dopo aver abilmente curato la malattia, il califfo gli chiese di rimanere a Baghdad: cosa che egli fece finché cadde malato a sua volta nel 769. Prima di accordargli il permesso di tornare a Jundishapur, il califfo lo invitò a convertirsi all'Islam, ottenendone però un diniego, affermando che egli voleva trovarsi coi suoi padri quando fosse morto. Rispettando tale tenacia, al-Manṣūr inviò un suo attendente con Jurjīs per assicurarsi che egli giungesse senza problemi alla sua destinazione. In cambio per l'attendente e di una ricompensa di 10.000 dīnār, Jurjīs promise che avrebbe mandato a Baghdad il suo pupillo ʿĪsā b. Sahl, dal momento che suo figlio, Bakhtīshūʿ II, non poteva abbandonare l'ospedale di Jundishapur.