Gen 16, 2019 15:27 CET
  • Donne in Occidente (19):disuguaglianze di sesso al cinema

Amici come ben ricorderete nella puntata precedente abbiamo esaminato la disparità tra uomini e donne nel settore cinematografico.  

La disugaglianza tra i due sessi nel mondo del cinema in Occidente non si limita solo al divario retributivo e manca ancora la parità di genere sia davanti alla macchina da presa che – soprattutto – dietro.

Una realtà amara di cui abbiamo parlato anche la scorsa settimana è il fatto che le donne vengono usate maggiormente nei film per la loro attrazione estetica e sessuale. Nel cinema occidentale non viene rispettata la loro dignità e il loro valore umano, anzì vengono strumentalizzate.

Il cinema di Hollywood ha sempre trattato le donne come un cittadino di serie B. Da una parte c’è una palese disguaglianza retributiva tra I due sessi, esse vengono pagate  molto meno dei loro colleghi maschi e dall’altra a loro vengono affidati I ruoli di poca rilevanza . Nella storia del cinema sono rari i casi in cui la donna ha assunto incarichi interpretativi di grande importanza.

E poi la maggior parte dei registi più noti della storia del cinema appartiene al sesso maschile, e ci sono poche donne dietro la macchina da presa. Per esempio l'unica donna ad aver portato a casa nel 2009 la statuetta di Oscare come la miglior regista è stata Kathryn Bigelow, regista, sceneggiatrice e produttrice cinematografica statunitense. Quando Kathryn Bigelow ha vinto l'Oscar come miglior regista nel 2010, con il film The Hurt Locker, la cosa assurda è stato il fatto che in molti hanno cominciato a cercare delle scuse per poter dire «Sì, va beh, facile: lei è... ».

 

Nel 2014 Hilary Swank, attrice e produttrice cinematografica statunitense, vincitrice di vari premi, tra cui due Golden Globe, uno Screen Actors Guild Award e due Premi Oscar alla miglior attrice protagonista ha denucniato la discriminazione sessuale per quanto riguarda la retribuzione degli attori: le attrici guadagnano 10 volte meno rispetto ai maschi e questo rappresenta un'ingiustizia che all'attrice due volte premio Oscar come Migliore Attrice proprio non va giù. A Hollywood ci sono tantissime donne e la Swank è convinta che lei stessa, se fosse un uomo, guadagnerebbe molto di più, concetto ribadito di fronte ad alcuni studenti di cinema di Los Angeles della Loyola Marymount University School of Film & TV in occasione della presentazione del suo ultimo film, The Homesman.

"La mia controparte maschile guadagnerà 10 volte tanto, non il doppio. Su questa terra ci sono due generi sessuali, ognuno con le sue prerogative, ma questo dimostra che l'influsso del genere maschile è ancora superiore a quello femminile", queste le parole di Swank, che descrive il film come un western femminista. "Parla dell'oggettivizzazione e banalizzazione della donna e siamo a metà Ottocento...".

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Il Gender gap non si limita solo al cinema e la situazione è tanto peggio anche in Tv.

Su 72 show americani della stagione 2016-17, i registi uomini sono stati il 90,7%, gli autori il 95%, gli showrunners l’83% con percentuali residuali per le donne. Basterebbero questi dati, estrapolati da uno studio della USC Annenberg School for communication and journalism di Los Angeles, per rappresentare l’emergenza di genere nell’industria dell’audiovisivo,

Powerful women in Global Entertainment, il tema del panel alla terza edizione del MIA, il Mercato Internazionale dell’Audiovisivo a Roma, particolarmente caldo in pieno caso Harvey Weinstein.

Katherine Pope, produttrice esecutiva di “New Girl” e “Terra Nova” dice: “Finalmente dopo 20 anni la vicenda Weinstein è uscita allo scoperto ma c’è ancora tanto lavoro da fare ovviamente”, ha spiegato. “Non sapevamo delle violenze che stanno venendo fuori in questi giorni”, le ha fatto eco Sally Woodward Gentle (direttore creativo di “Downton Abbey”).

E per capire il grande lavoro che resta da fare basti pensare che sono ancora in minoranza (42%) le serie tv prodotte in Usa tra il 2016 e il 2017 che contengono personaggi femminili o hanno ruoli femminili da protagoniste, percentuale che si abbassa leggermente nelle serie destinate ad un pubblico adulto (18-49 anni).

Secondo uno studio del “Center for the Study of Women in Television & Film” di San Diego, il 68% dei programmi televisivi americani sono composti da un cast più maschile che femminile mentre dietro la telecamera, nei ruoli di creatore, regista, autore, produttore ed editor le donnerappresentano solo il 28% .