Feb 17, 2019 12:37 CET
  • Iraniani Famosi (191): Shaykh al Tusi (p.3)

Cari amici, eccoci con voi con un altro dei grandi della nostra storia ossia il grande giurista e teologo persiano Shaykh al Tusi.

Il persiano famoso di cui vi parliamo dalla puntata precedente è Shaykh al Tusi, un giurista e teologo persiano sciita duodecimano, fondatore della Ḥawza di Najaf, vissuto tra il 996 ed il 1067 d.C. Noto come Shaykh Ṭūsī, Abū Jaʿfar Muḥammad ibn Ḥasan Ṭūsī, era soprannominato Shaykh al-Ṭāʾifa, che significa "Shaykh della branca" e fu un importante studioso musulmano imamita. Fu autore di due dei quattro più rilevanti saggi dello sciismo per quanto riguarda la "scienza dei ḥadīth": il Tahdhīb al-aḥkām e l'al-Istibsār. Nelle puntate precedenti abbiamo appreso nozioni sulla sua vita. Ecco il seguito tra pochi istanti.

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Studiosi di rilievo, quali Shaykh al-Mufīd, al-Najāshī, al-Karājakī e Abū Yaʿlā al-Jaʿfarī, erano ancora attivi a Baghdad, ma alla morte di al-Sharīf al-Murtaḍā nel 1044 egli ne fu il successore. A quel momento Ṭūsī aveva composto un gran numero di opere ed era riuscito a godere del sostegno dei governanti buwayhidi e dello stesso califfo abbaside al-Qāʾim (1031-1075), che lo volle nominare alla principale cattedra di Teologia della capitale. Qui, profittando della amplissima disponibilità di opere contenute nelle grandi biblioteche imamite (quella Dār al-ʿilm fondata da Sābūr b. Ardashīr - vizir buwayhide nel 990 e, più tardi dal 996 al 999 - e ricca di oltre 100 000 libri) e quella dello Sharīf al-Murtaḍā (almeno 80 000 lavori), Ṭūsī compose circa 50 libri e la sua abitazione, nel quartiere sciita del Karkh, divenne per oltre un decennio il centro intellettuale virtuale dell'imamismo.

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Nel suo lavoro, Ṭūsī cerca di modificare le posizioni radicalmente razionaliste e pragmatiche del suo maestro Sharīf al-Murtaḍā (presenti già in nuce nell'opera dello Shaykh al-Mufīd): riabilitazione dei primi tradizionisti, convalida della validità delle tradizioni (ʿilm al-ḥadīth) attestate da un singolo garante, purché queste siano trasmesse da fonti attendibili e attentamente studiate nel caso provenissero da garanti che professino dottrine “devianti”. In politica, servire un governo illegittimo (in questo caso, il califfato abbaside) in certe circostanze è "desiderabile", e la collaborazione con un potere che reclami che la sua autorità deriva dagli "Imām nascosti" (un chiaro riferimento ai Buwayhidi) può essere commendevole ma, né in un caso, né nell'altro, è strettamente obbligatorio (come apparentemente affermava Sharīf al-Murtaḍā). Allo stesso tempo, Ṭūsī faceva costante ricorso all'argomentazione ragionata basata sull'ijtihād e tracciò le prime considerazioni sulla nozione di “rappresentanza generale” (al-niyāba al-ʿāmma) degli "Imām nascosti" affidata a giuristi-teologi che, se la necessità dovesse richiederlo, possono esercitare le prerogative tradizionalmente riservata agli "Imām storici". Nel suo Fihrist, Ṭūsī fornisce un elenco di 43 dei suoi lavori; più avanti ne avrebbe indicati molti altri, vuoi dedicati all'esegesi coranica, al diritto islamico, agli uṣūl al-fiqh (fondamenti del diritto), al ḥadīth, alla ʿilm al-rijāl, alla teologia, all'eresiografia, alle preghiere e alla misericordia dell'Imām, vuoi alla storiografia e alle risposte ai quesiti postigli dai suoi discepoli.