Dic 23, 2019 14:47 CET
  • Iraniani Famosi (237): Hafez di Shiraz (p.2)

Cari amici, dalla puntata precedente è iniziato l’avvincente discorso su Hafez, uno degli iraniani più famosi di tutti i tempi, grandioso poeta del 14esimo secolo d.C.

Nella puntata precedente abbiamo appreso delle informazioni generali su Hāfez, per esteso Khāje Shams o-Dīn Moḥammad Ḥāfeẓ-e Shīrāzī, vissuto a Shiraz tra il 1315 ed il 1390 d.C., è stato un mistico e poeta persiano. Abbiamo visto che il canzoniere (Divan) di Hafez - il cui nome significa "Colui che sa recitare a memoria il Corano" - viene adoperato come oracolo (aprendo il libro a caso per leggerne due versi alla volta), dalla gente semplice. I temi principali delle sue 500 ghazal sono l'amore per Dio, rappresentato dalla parola in codice del vino; Hafez parla della sensazione che hanno coloro che amano Dio che lui definisce come degli ubriachi; la moschea per lui è la locanda del vino. Nelle sue poesie Hafez critica anche l'ipocrisia di coloro che si autodefiniscono guardiani, giudici ed esempi di rettitudine morale. Adattamenti, imitazioni e traduzioni delle poesie di Hāfez sono state pubblicate in tutte le lingue più diffuse.

***

Cari amici, prima di procedere col discorso vi proponiamo la traduzione di una delle sue famose Ghazal o liriche.

Mostra il tuo volto
e lascia che si trascini nell’oblio
la mia esistenza,
e fa che la porti via con sé il vento
la casa di chi ha in fiamme il petto.

Lascia che l’impeto del petto
nella Parside estingua del Tempio del Fuoco
le fiamme,
e dagli occhi scorrano sul viso
le acque del Tigri
di Baghdad.

Cedemmo il cuore e gli occhi, noi,
alla tempesta della rovina,
lascia allora che scorra il torrente
di dolore
e che sradichi le fondamenta della casa.

Chi potrà mai annusare
i suoi capelli di pura ambra,
che vano incanto!
Ascoltami, o cuore dalle facili illusioni,
e lascia che si estinguano dalla memoria
queste pallide parole.

Che trionfi la sorte del Vecchio dei Magi,
tutto il resto è cosa effimera,
che spariscano gli altri
e dimentichino il mio nome.

Non giungerai mai ad alcun luogo
per questa via
senza esserti misurato con lo sforzo,
rispetta devotamente il Maestro
se vuoi raggiungere l’onore cui aneli.

Il giorno della mia morte
per un respiro
concedimi la promessa dell’incontro,
e poi
accompagnami alle lastre del sepolcro,
io, serenamente libero.

– Ti ucciderò prima o poi
con le mie lunghe ciglia –
mi diceva ieri sera,
o Signore, spazza via dal suo animo
questi pensieri di terrore.

Pensa, Hafez,
al corpo sottile
dell’animo dell’amico,
e porta via dalla sua soglia
lo strepito di questo lamento.

***

I suoi circa 500 poemi lirici (ghazal) sono notissimi in tutti i paesi dell'ecumene persiana, fatti oggetto di studio da numerosi commentatori e spesso appresi a memoria anche dalla gente più umile e meno istruita. Il suo Divan, aperto a caso, è usato ancor oggi come popolare libro di divinazione. Hāfez nei suoi componimenti canta le gioie e le pene amorose; ma soprattutto egli canta le grazie di un misterioso e innominato "Amico", che risulta in sostanza inafferrabile e che è oggetto dell’amore del poeta, e che di fatto è il Signore. Quanto Hāfez si riferisse a un amore terreno o a uno divino (mistico) è oggetto di controversia tra gli studiosi. Friedrich Rueckert, in versi spesso citati, esaltò la miracolosa capacità di Hāfez di parlare del "Sensibile" attraverso il "Sovrasensibile" e viceversa; la critica dei letterati persiani, ha aiutato nel corso degli anni a scoprire il valore simbolico e gnostico del messaggio di Hafez, ridotto invece da alcuni studiosi occidentali a semplici questioni materiali e mondane. In Iran, non a caso, gli è stato assegnato significativamente il titolo di «lingua dell'Invisibile» («lisān al-ghayb»).

Tag