Feb 14, 2023 07:35 CET

Salve amici! Vi i presenteremo un altro appuntamento con " i falsi paladini dei diritti umani". Speriamo che sia di vostro gradimento!

Il Bahrain continuerà a cooperare con il regime sionista anche con Benjamin Netanyahu come il futuro capo dell’esecutivo sionista. Lo ha detto Khalid bin Ahmed, consigliere del Re del Bahrain per gli Affari Diplomatici, riferendosi alla vittoria del sionismo religioso razzista alle elezioni politiche in territori occupati del 1° novembre quando dalle urne è uscito un regime che guarda sempre più a destra, con la vittoria del blocco guidato dal leader del Likud, Benjamin Netanyahu, che ottiene la maggioranza con 65 seggi. Le parole di bin Ahmed sono state un’ulteriore conferma della volontà di Manama per restare sul binario della normalizzazione dei rapporti con il regime dell'apartheid israeliano. Il Bahrain è uno dei quattro Paesi arabi che hanno firmato accordi sponsorizzati dagli Stati Uniti per normalizzare le loro relazioni con Israele nel 2020. Gli altri sono gli Emirati Arabi Uniti, il Sudan e il Marocco.

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Lo scorso 12 novembre circa 344.000 dei bahraniti sono recati alle urne ed hanno votato per eleggere i 40 membri della Camera bassa dell’Assemblea nazionale, oltre a 30 membri di consigli municipali. Nella regione dell’Asia Occidentale (Medio Oriente) non sono pochi i paesi che vantano buoni rapporti con l’Occidente ma non rappresentano affatto un esempio della democrazia. Nella regione strategica del Golfo Persico, esistono delle monarchie, con i governi, ma i poteri al potere che cercano di fornire una parvenza di legittimità organizzando elezioni. Tuttavia, anche quando le votazioni hanno luogo, i partiti politici sono spesso banditi e la gamma di candidati autorizzati a candidarsi è spesso strettamente ristretta. In Bahrain, entrambi questi elementi sono presenti, ma c'è un altro aspetto curioso le recenti elezioni è il numero di cittadini a cui è stato permesso di votare. Le autorità non hanno fornito alcuna spiegazione del motivo per cui il numero di elettori è molto inferiore a quanto ci si potrebbe aspettare. Una richiesta all'ambasciata del Bahrain a Londra per una spiegazione per questo articolo è rimasta senza risposta. L'ultima volta che il paese si è recato alle urne, nel novembre 2018, hanno potuto votare circa 365,000 bahreiniti. Nel novembre di quest'anno, invece, il numero era poco meno di 345,000, circa il 6% in meno. Dato che non c'è stato un grande calo della popolazione locale, è una statistica curiosa.

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Quella del 12 novmebre è stata la sesta legislatura da quando si svolsero le elezioni sulla scia delle sollevazioni popolari nel mondo arabo e della rivolta popolare in Bahrain per la democrazia nel febbraio-marzo del 2011, chiusa nel sangue dalla repressione compiuta da re Hamad Bin Isa Al-Khalifa con l’intervento contro il campo di tende in Piazza della Perla a Manama di 500 poliziotti degli Emirati e di mille soldati sauditi. In quella occasione e nelle settimane successive furono uccisi decine di manifestanti, e centinaia arrestati. In 11 anni non c’è stato alcun miglioramento, malgrado qualche breve periodo di dialogo tra la monarchia sostenuta dalla minoranza sunnita, che da sempre ha il controllo del Bahrain, e la maggioranza sciita. Nel 2015 Al Wefaq, il più grande partito sciita, che aveva sempre ottenuto tra i 15 e i 18 seggi nella Camera bassa, è stato dichiarato illegale e i suoi leader arrestati. Le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno e gli oppositori restano in carcere – i più noti sono Abduljalil Al Singace, Abdulhadi al Khawaja, Naji Fateel e Ali Salman. Alcuni di loro sono stati condannati a morte in processi farsa e con il pretesto delle cosiddette attività terroristiche.

 

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