Dic 25, 2023 12:48 CET

Di fronte alla recente ondata emotiva nei confronti di Israele, chiunque abbia un briciolo di cuore dovrebbe rivoltarsi.

Non perché non siano stati atroci le morti e le sofferenze inflitte ai tanti civili israeliani. Ma perché, nel corso di vari decenni, i civili palestinesi a Gaza sono stati vittime della costante violenza di Israele con sofferenze ancora maggiori, eppure non hanno mai suscitato, neanche in minima parte, le preoccupazioni espresse dai politici o dall’opinione pubblica occidentale. Ciò che è davvero intollerabile è l’ipocrisia dell’Occidente nei confronti dei miliziani palestinesi che uccidono e feriscono centinaia di israeliani, tenendone altri in ostaggio nelle zone limitrofe o all’interno della Striscia di Gaza assediata.

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Con l'aumento del numero delle vittime a Gaza, vengono messi a nudo i doppi standard del mondo occidentale. Per le classi dirigenti di Usa e Europa, alcune vite valgono più di altre. Sono le alleanze economiche, politiche e militari a decidere di quali atrocità si parla e dove. Basta confrontare i diversi blocchi di voto nelle risoluzioni delle Nazioni Unite su alcuni recenti conflitti, o il modo in cui i media mainstream di tutto il mondo li hanno trattati. Ancora meglio, osserviamo le risposte ipocrite di alcuni dei nostri stimati leader mondiali: Il Presidente degli Stati Uniti Biden aveva definito l'uccisione di civili ucraini un "crimine di guerra", ma in risposta alla notizia di oltre 8000 morti palestinesi di cui almeno 4000 minori - fino ad 30 ottobre - ha dichiarato di non avere "fiducia" nei numeri. Il suo regime proclama che Israele ha "il diritto di difendersi".

Queste dichiarazioni non dovrebbero sorprendere. La moralità capitalista è poco più di un esercizio di pubbliche relazioni. In guerra, viene usata per radunare il pubblico contro un nemico comune, chiunque esso sia. Ciascuna delle parti in causa denuncia i "crimini di guerra" dell'altra. Per l'Occidente la negazione dell'acqua e dell'energia elettrica ai cittadini ucraini era un "crimine di guerra" russo, ma la stessa politica di guerra totale di Israele a Gaza è giustificata. I vari "diritti" (all'autodifesa, all'autodeterminazione, ecc.) vengono invocati quando è conveniente e negati quando è necessario. Questi "diritti" hanno lo scopo di dare alla realtà violenta dei rapporti imperialisti tra le nazioni una parvenza di ordine e razionalità. Ma è la lotta per i mercati, le materie prime, la tecnologia, la terra e i profitti a dettare realmente la politica internazionale. Ed è in questo contesto politico che hanno luogo le reciproche accuse di "pulizia etnica" o addirittura di "crimini contro l'umanità" e "genocidio". Solo negli ultimi tre anni almeno quattro conflitti sono stati descritti in questi termini da varie fonti concorrenti: Tigray, تیگری Ucraina, Nagorno-Karabakh e ora Gaza. Anche gli omicidi di massa e le espulsioni di massa mirate a livello etnico sono una naturale conseguenza dei regimi post-coloniali basati su lealtà etniche e tribali, ma nella logica contorta del sistema questi episodi diventano parte della competizione imperialista. Nella guerra moderna, anche la preoccupazione umanitaria diventa un'arma politica per alimentare ulteriori conflitti, perché gli attori capitalisti si rendono conto che può preannunciare sanzioni internazionali o interventi stranieri a favore di chi è considerato la vittima.

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Lo scorso 7 ottobre, è stata la prima volta che i palestinesi di Gaza, imprigionati nell’enclave costiera, sono riusciti a infliggere un colpo durissimo a Israele. E’ stato il colpo piu’ duro della resistenza palestinese in risposta alla violenza che i residenti della Striscia hanno dovuto affrontare da quando sono stati rinchiusi in un carcere più di 15 anni fa, ossia da quando Israele ha iniziato il suo blocco via terra, mare e aria nel 2007. I media occidentali definiscono l’operazione della ‘Tempesta Al Aqsa’ come “senza precedenti” – e il più grande fallimento dell’intelligence israeliana dall’attacco che li colse di sorpresa durante la guerra dell’ottobre 1973, esattamente 50 anni fa.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato Hamas, che governa la piu’ grande prigione a cielo aperto di Gaza, di aver iniziato “una guerra crudele”. Ma la verità è che i palestinesi dopo tanta lotta, sono riusciti a trovare un modo di ferire il loro oppressore. Inevitabilmente per i palestinesi, come ha osservato anche Netanyahu, “il prezzo sarà alto” – soprattutto per i civili. Israele infliggerà ai prigionieri la punizione più severa per la loro impudenza. Guardate quanta poca solidarietà e preoccupazione c’è da parte dell’Occidente per i tanti uomini, donne e bambini palestinesi che vengono uccisi ancora una volta da Israele. La loro immane sofferenza viene oscurata e giustificata dietro l’espressione “rappresaglia israeliana”.

 

 

 

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