Set 24, 2018 14:25 CET
  • Iraniani Famosi (130): Ibn-e-Heytham (p.6)

Oggi continuiamo a parlarvi di Ibn-e-Heytham, celebre scienziato persiano del decimo e undicesimo secolo.

Nelle puntate precedenti vi abbiamo parlato di Abū ʿAlī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham, medico, filosofo, matematico, fisico ed astronomo persiano, colui che divenne cosi’ famoso in Europa da assumere il nome di Al Hazen.
Fu uno dei più importanti e geniali scienziati del mondo islamico (ed in genere del principio del secondo millennio). È considerato l'iniziatore dell'ottica moderna. Fu anche chiamato al-Baṣrī (di Bassora), al-Miṣrī (l'egiziano), Avennathan e Avenetan, Ptolemaeus secundus ma, più che altro, fu noto appunto come Alhazen, corruzione del suo nasab "Ibn al-Ḥasan".
Nelle puntate precedenti abbiamo ricordato che fu soprattutto nell'ottica che le sue ricerche produssero risultati d'eccezione. Oggi ci soffermiamo sull’effetto dei suoi studi sull’Europa e sugli scienziati a lui successivi.

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Ma come si diffusero le teorie scientifiche di Ibn-e-Heytham in Europa?
La volta scorsa abbiamo detto che ci volle molto tempo perché l'Europa potesse conoscere gli studi di Ibn al-Haytham. Ostavano ad una loro rapida diffusione la distanza culturale e linguistica del mondo occidentale da quello arabo, e non erano di giovamento le distanze politiche e religiose: infatti mentre l'islam incoraggiava la scienza e la sua diffusione, la chiesa la ostacolava. Un compendio dei suoi studi fu tradotto nel 1270 dal monaco polacco Vitellione, che sotto il titolo complessivo di "De Aspectibus" raccolse insieme altre opere come l'"Epistola sulla luce" e il "Libro dell'ottica", che fu conosciuto in Occidente col titolo di Prospettiva di Alhazen.
Le teorie dello scienziato persiano, posero certamente in discussione le tradizioni consolidate nella teoria delle scorze, ma - forse anche per le molte implicazioni di natura culturale generale - non le scardinarono: si giunse invece ad ipotizzare una sorta di teoria di mediazione fra le vecchie e le nuove ipotesi, detta "teoria delle specie". In questa le scorze divenivano "specie", che lasciavano l'oggetto per effetto di un agente esterno, raggiungendo l'occhio grazie ad alcuni raggi visuali che l'occhio avrebbe emesso per catturarle.
Anche gli studi sulla rifrazione e sulla camera oscura, come quelli sul capovolgimento delle immagini nel globo oculare, non furono recepiti immediatamente, ma si procedette pigramente alla ricostruzione, talvolta scettica, dei percorsi seguiti da Ibn al-Haytham oppure si seguitarono gli studi già avviati ignorando il contributo dello scienziato di Bassora; lo stesso Leonardo ipotizzò (al contrario, rispetto all'arabo) che anche all'interno dell'occhio si avesse un capovolgimento dell'immagine analogo a quello della camera oscura leonardiana.
Sarebbe stato l'abate Francesco Maurolico da Messina, molto tempo dopo, a rivalutare le intuizioni di Alhazen, pur restando fra i suoi contemporanei assai isolato e poco considerato; Maurolico perfezionò l'idea della moltitudine di punti emittenti segnali, definendoli raggi geometrici. Fu poi con Keplero, ispirato dall'arabo e dal Maurolico, che le innovazioni di Alhazen servirono di base per lo sviluppo della teoria moderna.
A una conferenza scientifica nel febbraio 2007, Charles M. Falco ipotizzò che il lavoro sull'ottica di Ibn al-Haytham potesse avere influenzato gli artisti rinascimentali.