Nov 04, 2018 15:00 CET
  • Iraniani Famosi (166): Abu Yahya ibn Mohammad al-Harran

Cari amici oggi vi parleremo di uno dei famosissimi filosofi persiani dell’undicesimo secolo.

Il nostro iraniano famoso di oggi e’ Abu Yahya ibn Mohammad al-Harran, un teologo, filosofo e mistico persiano, le cui idee e pensieri sono dibattuti ancora oggi nella platea scientifica.
Al-Harran nacque intorno al 1030 a Harran, (latino: Carrhae), oggi villaggio del sudest della Turchia. Si hanno solo notizie frammentarie della sua biografia. Dopo aver studiato nel Gorgan, come ci informa al-Ghazali che là lo conobbe, al-Harran visitò Nishapur, Baghdad, e si recò in pellegrinaggio alla Mecca probabilmente intorno al 1060. Infine al-Harran si recò a Toledo sotto l'emiro al-Ma'mun dove rimase fino almeno al 1085, anno in cui Toledo fu conquistata da Alfonso VI di Castiglia. Non si sa con esattezza quando e dove morì.

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Di al-Harran rimangono solo frammenti della sua opera principale, "Il libro dell'incoerenza dei giurisperiti" (in arabo: الكتاب تضارب فقهاء‎, al-Kitāb taḍārub fuqahāʾ) in cui, criticando il libro contemporaneo di al-Ghazali L'incoerenza dei filosofi, contrasta l'autorità dei giurisperiti, insistendo su un approccio più personale e diretto col trascendente.
Nonostante fosse un seguace del sufismo, al-Harran non propone però una via mistica alla teologia ma propugna una visione più ampia, in cui alla rivelazione divina e profetica e alla conoscenza mistica si accompagna una rivelazione continua nella natura e nella società. Venne per questa ragione attaccato da molti teologi e filosofi e dovette rifugiarsi a Toledo, dove trovò un ambiente intellettuale più tollerante e dove probabilmente collaborò con al-Zarqali alle tavole astronomiche (zīj) toledane. Di altre quindici opere di fisica, astronomia, astrologia e geografia attribuite ad al-Harran e di cui abbiano i titoli non è rimasto alcun frammento.

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Al-Harran scrisse molti libri su scienza, filosofia, teologia e sufismo, quindici secondo Ibn Arabi. Il suo Libro dell'incoerenza dei teologi è l'unica opera di cui ci siano arrivati ampi frammenti riportati, in maniera spesso ferocemente critica, da al-Ghazali, Ibn Khaldun, Ibn ʿArabī. Solo Suhravardi e Ibn Rushd (Averroè) sembrano aver accolto alcune parti della sua visione filosofica, anche se gli scarsi riferimenti non permettono un giudizio definitivo sull'impatto di al-Harran nella cultura islamica medioevale.

Il punto centrale della sua filosofia, secondo l'islamista Henry Corbin, consiste in un ampliamento del valore epistemologico e gnoseologico della rivelazione divina, ampliamento che lo porta vicino alle posizioni shi'ite più estreme. Il concetto centrale viene riassunto da Henry Corbin come una "rivelazione aperta":[2] il messaggio divino all'umanità non è cristallizzato nelle parole dei profeti e degli inviati di Dio ma si sviluppa lungo tutto il percorso storico. Fonti di questa rivelazione aperta sono la natura stessa (in accordo qui con Ibn Rushd) e la visione mistica (come propugnava anche Suhravardi) ma anche, e qui la portata rivoluzionaria del pensiero di al-Harran si mostra in tutta la sua evidenza, la società umana nel suo insieme.